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2018 - Europa senza Qe?

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Nel 2018 la fine del Qe. Quale eventi ci aspettano?

AssiomForex.Eventi geopolitici e politiche monetarie: quali impatti sui mercati?” Questo il tema dell'evento organizzato da Deutsche Bank ed Assiom Forex alla vigilia della riunione della Bce e delle elezioni in Gran Bretagna. I migliori analisti ed economisti di Deutsche Bank e della Commissione Forex di Assiom Forex coordinati da Claudia Segre, si sono confrontati con i colleghi dei desk delle principali banche italiane ed estere ragionando sulle conseguenze della fine del programma di Quantitative Easing della Bce. Quali eventi ci aspettano?

Gli eventi politici e le politiche monetarie

Considerati gli ultimi eventi è emerso che, se è inconfutabile che gli acquisti della Bce siano stati in linea di massima coerenti con gli obiettivi prefissati (in primis attraverso il rispetto delle cosiddette Capital keys), non può non essere messo in evidenza che queste operazioni abbiano insistito molto sulla parte lunga della curva (soprattutto sui titoli in scadenza tra i 15 e i 30 anni) di alcuni Paesi in particolare (Italia, Spagna, Belgio). Questo fenomeno comporta alcune conseguenze rilevanti che potrebbero minacciare il prosieguo del Quantitative Easing da parte della Bce.
 
“Se andiamo a guardare le stime  per fine 2017” ha commentato Stefano Masante, co-responsabile della Commissione Capital Markets di Assiom Forex “notiamo che vi sono titoli governativi di alcuni Paesi pericolosamente vicini alla soglia del 33% , oltrepassata la quale,  con le regole attuali, non sarebbero più acquistabili. Le tecnicalità del QE hanno indubbiamente influito su rendimenti e spread. Se proviamo a confrontare gli eventi sui titoli governativi italiani e su quelli spagnoli osserviamo che ad oggi l’Eurosistema ha comprato il 16% dello stock di debito italiano contro il 21% di quello spagnolo e a fine Qe questa percentuale arriverà rispettivamente a 19 e 26%. Con la differenza non da poco che, essendo il debito italiano di dimensioni maggiori rispetto a quello spagnolo, si gli effetti positivi degli acquisti centrali si siano inevitabilmente riversati sul Paese iberico, con conseguente allargamento dello spread”. 
Le politiche monetarie sono chiare: il programma di acquisti della banca centrale si concluderà a fine 2017. Cosa succederà archiviato il QE?
 
“Se la Bce dovesse annunciare un’estensione del Quantitative Easing, potrebbero emergere alcune criticità tali anche da portare ad un ripensamento delle regole delle Capital Keys. Per alcuni Paesi su alcune scadenze è noto che vi sia scarsità di titoli (parte breve titoli tedeschi) mentre su altri si è arrivati al limite del 33% (scadenze trentennali italiane e spagnole, ad esempio).”
Draghi ha già avvisato l'Italia: al termine del suo mandato i tedeschi chiederanno un aumento dei tassi e per l'Italia la situazione peggiorerà con la cessazione contestuale del Qe. Dovremo cercare di cambiare i trattati. Se poi l'euro grazie ai tassi si avvicinerà a 1.20 su dollaro tutti i vantaggi per l'export verranno annullati e l'unica risorsa italiana si esaurirà. Intanto la Bce ha rivisto al ribasso le stime d'inflazione dell'Eurozona, portandole a 1,5% per quest'anno, a 1,3% il prossimo.

Benefici del Qe? 

Il QE ha portato davvero dei benefici? Da marzo 2015 ad oggi Italia, Spagna, Germania e Francia si ritrovano con curve molto più ripide rispetto all’inizio del programma  sia sulle scadenze brevi (2-10 anni) che su quelle lunghe (15-30 anni). Senza considerare che l’Italia è l’unico Paese che sui titoli a scadenza superiore ai dieci anni paga tuttora rendimenti più elevati rispetto a fine 2014. 
 
L’Europa (e alcuni Paesi in particolare) possono dunque fare davvero a meno del QE a partire dal prossimo anno? “Probabilmente no e la soluzione può passare attraverso una maggiore integrazione fiscale e soprattutto attraverso l’emissione di una qualche forma di Eurobond, accompagnata da una vera e propria unione bancaria e da un sistema di sorveglianza integrato”, aggiunge Stefano Masante.
 
Tra i quattro possibili strumenti allo studio (ECB Certificates, Eurobond, Stability bond, Safe bond), quello sul quale sembrerebbe convergere il consenso di banche e Commissione europea è il cosiddetto Safe bond (ESBies), che consiste in un’emissione bond tipo CBO collateralizzati da tutti i Paesi europei in proporzione al Pil o Capital Key. I bond emessi sarebbero di due tranches: una senior (70%) e una junior (30%) che farebbe da garanzia per la prima. Il vantaggio è che può sostituire i bond nazionali nei bilanci delle banche, potrebbe contare su un rating tripla A e rappresenterebbe un precursore effettivo degli Eurobond, le cui caratteristiche richiederebbero un accordo tra Paesi ancora lontano, in quanto necessiterebbe  della modifica dei trattati europei oltre che la ratifica di tutti i 28 Parlamenti dell’Unione Europea.
 
Mark Wall, Chief European Economist di Deutsche Bank (“Political risk out, reflation risk in”) ha dettato quelle che dovrebbero essere le linee guida per un ordinata fuoriuscita dal QE, per salvaguardare in primo luogo “la capacità delle banche di sostenere la ripresa in corso”. Secondo Wall “alla Bce non sono convinti che l’inflazione sia veramente in ripresa pertanto ci aspettiamo che la forward guidance rimanga inalterata fino a settembre, quando potrebbero annunciare l’inizio dell’exit a partire dal prossimo mese di gennaio. Ciò detto , crediamo che la banca centrale aspetterà almeno sei mesi prima di iniziare un nuovo ciclo di rialzi dei tassi (non prima dell’inizio del 2019) e che è più probabile che decida per un’estensione di tre mesi del QE  più che di avviare un tapering vero e proprio”.  L’uscita dal QE dovrebbe avvenire in un contesto di ritorno alla normalizzazione ovvero verso livelli di inflazione più stabili, accompagnati da un proseguimento degli effetti reflattivi già in essere.   

Qe in Italia

Il Qe ha avuto riflessi positivi in Italia? Mark Wall sostiene che il voto (specie qualora determinasse una composizione del Parlamento ingessata e incapace di procedere con le riforme) rappresenti al momento il fattore di maggiore preoccupazione tra gli investitori, per quanto il nostro Paese in realtà possa già contare su elementi di miglioramento e stabilità importanti come la crescità del Pil e degli indici PMI.
 
Per David Lee, della Commisione Forex, che ha chiuso i lavori della prima parte del workshop, “al momento la Cina rappresenta il rischio economico più grande”. Nonostante il numero di eventi geopolitici sia in drammatico aumento, nel corso degli ultimi dodici mesi si è assistito al venir meno delle conseguenze ad essi legati sui mercati. Brexit, elezioni americane ne rappresentano solo gli esempi più eclatanti: da allora sia il Peso messicano che la Sterlina hanno ampiamente recuperato posizioni.
 
Perchè la volatilità, pur in presenza di tanti eventi potenzialmente destabilizzanti, si ostina a rimanere sui livelli minimi degli ultimi vent’anni?
Secondo Lee “per prima cosa le correlazioni passate non sono più valide e l’indice Vix è ormai in linea con la volatilità dei prezzi di Borsa. Attenzione però perchè la sua curva si irripidisce se guardiamo alle scadenze di qui a sei mesi, per cui ciò significa che ci si attende un rialzo della volatilità per la fine dell’anno”.
 
Tra i fattori che hanno contribuito a ridurre la volatilità a livello globale, anche lo switch dei capitali dai fondi comuni agli Etf.  
 
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